Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto


3-2016



Indice


studi

Francesco Mercadante, La figura di Capograssi nel giudizio finale di Salvatore Satta

Giorgio Pino, Riflessioni sul ragionamento giudiziale (a partire dalla teoria di Manuel Atienza)

Michel Bastit, «Veram nisi fallor philosophiam», l’expérience romaine du droit et la philosophie

Adriano Ballarini, Ermeneutica storicità filosofia del diritto

Ferdinando G. Menga, Eterotopia del potere costituente e gli ambigui destini della modernità secolare. Riflessioni fenomenologico-giuridiche

Donatello Puliatti, Diritto liminare e ragionamento giudiziale



SPORE

Elisa Cacopardi, Persona giuridica nella logica filosofica di Benno Erdmann



SCHEDARIO

Francisco Suárez, Trattato delle leggi e di Dio legislatore (Cintia Faraco) – Enrico Ferri, Armenians-Aryans. The “Blood Myth”, the Race Law of 1938 and the Armenians in Italy (Giuliano Caroli) – Slavoj Žižek, L’oggetto sublime dell’ideologia (Francesco Giacomantonio)






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La figura di Capograssi nel giudizio finale di Salvatore Satta

Francesco Mercadante


Abstract

Satta a Firenze chiamato ad una testimonianza su Calamandrei. Gli anni passati ad incubare Il giorno del giudizio, la seconda morte della Patria, vissuta in privato e tessuta col filo di un rapporto di tenerezza postuma verso la madre, che la risarcisca, ma soltanto nella nostalgia e nel rammarico, di una precoce rudezza. La fitta della disperazione nel ritorno a Nuoro di un nativo, che si sente estromesso e che si restituisce alla terra madre con il potere, pur sempre amoroso, di celebrare il “giorno del giudizio” abbracciando, senza giudicarli, i vivi e i morti.


The essay recalls the time when Satta was called to commemorate Calamandrei, in Florence, then the years he spent nursing Il giorno del giudizio within himself, as “the second death of the Homeland”, experienced in private, together with a nostalgic and regretful sense of tenderness for his late own mother. The story tells about the desperate grief of a native returning to Nuoro, who felt to be left out but gave himself back to his motherland with the power, affectionate though, to celebrate “the doomsday” embracing, without judging, the quick and the dead.




Riflessioni sul ragionamento giudiziale (a partire dalla teoria di Manuel Atienza)

Giorgio Pino


Abstract

In questo lavoro prendo spunto da alcune tesi proposte da Manuel Atienza nell’ambito della sua articolata teoria del ragionamento giuridico e dell’argomentazione giuridica, per un verso per discuterle, e per altro verso per mostrare che alcune di esse possono essere utilmente sviluppate anche al di fuori dello specifico contesto giusteorico da cui provengono (la “teoria del diritto come argomentazione”). In particolare, dopo aver discusso alcune delle specifiche definizioni e distinzioni proposte da Atienza in tema di ragionamento giudiziale, mi soffermerò sulla critica che Atienza rivolge alla tradizionale distinzione tra contesto di giustificazione e contesto di scoperta delle decisioni giudiziali; a questo proposito cercherò di sostenere che, nonostante alcune forzature, la proposta di Atienza non sia priva di interesse, e che peraltro sia possibile elaborare questa idea in maniera parzialmente diversa da come fa Atienza.


The essay analyzes some ideas that compound the complex theory of legal reasoning defended by Manuel Atienza. The aim is twofold: on the one hand, I want to discuss these ideas; and on the other hand I want to show that some of these ideas can be usefully articulated and deployed also outside the specific framework of Atienza’s legal theory (i.e., “law as argumentation”). In particular, I will first discuss some definitions and distinctions proposed by Atienza about legal reasoning; and then I will focus on Atienza’s criticism on the traditional distinction between the context of discovery and the context of justification of judicial decisions. In this regard, I will try to argue that Atienza’s proposal is indeed interesting and that it is also possible to articulate it in a somewhat different way.




Veram nisi fallor philosophiam»,

l’expérience romaine du droit et la philosophie.

Michel Bastit

Abstract

La sentenza di apertura del Digesto è ripresa da Ulpiano, e suggerisce che il ruolo del giurista rappresenta la vera filosofia. L’articolo inserisce il senso di questa formula nel contesto filosofico del diritto romano (anche ai tempi della repubblica) e cerca di mostrare, contro le interpretazioni positiviste, che l’espressione di Ulpiano non è, come alcuni hanno voluto definirla, una “formula vuota”, ma esprime il lungo sforzo dei prudentes per arrivare alla giustizia, nonché la loro “giusnaturalistica accuratezza”.


The starting sentence of the Digest is a sentence of Ulpian who suggests that the office of the jurist consists in a true philosophy, vera philosophia . After having settled the meaning of this formula by referring to the philosophical context of the roman law, the paper shows, against positivistic interpretations, that the Ulpian’s formula is not empty words, but explains the long strive for justice of the prudentes and their “jus-naturalistic safety”.




Ermeneutica storicità filosofia del diritto

Adriano Ballarini


Abstract

L’ermeneutica, così come viene impostata agli inizi del Novecento, appartiene all’oltrepassamento della metafisica, del quale vive il pensiero filosofico che la propone. E questo oltrepassamento ha una base. Ciò che vuole è spiegare il reale solo a partire dal reale stesso. L’ermeneutica assume come campo di indagine quello dell’effettività e reimposta l’intera comprensione del reale, insieme alle categorie ad essa necessarie. Per esprimere l’effettività inventa un linguaggio. Il passo decisivo, su questa strada, l’ermeneutica lo compie sottraendo l’interpretazione alla pura sfera della disponibilità del soggetto, occasionale, arbitraria, o anche rigorosamente regolata. E assegnandola al campo della storicità. Si passa così, dalle facoltà del singolo, e dalla sua soggettività, alle strutture del vissuto e alle dinamiche che governano il tempo. Punto di riferimento dell’interpretare diviene la dimensione storico collettiva alla quale il singolo appartiene e a partire dalla quale si muove. L’ermeneutica della effettività non è una interpretazione, almeno nel significato che noi diamo abitualmente a questo termine. E non lo è perché chi interpreta, per l’ermeneutica, non è il singolo soggetto, bensì il mondo ambiente storico collettivo.


Hermeneutics, as it was formulated in the early twentieth century, belongs to the overcoming of passing beyond metaphysics, for the same way of thinking proposing hermeneutics lives on metaphysics. This overcoming has a premise: it wants to explain reality only from reality itself. Hermeneutics takes actuality as its own field of investigation and resets the entire understanding of reality, along with the necessary categories. To express actuality, hermeneutics invents a language. Hermeneutics accomplishes the decisive step on this path, by taking the interpretation away from the occasional, arbitrary or even strictly regulated pure scope which is available to the subject, and by assigning it to the field of historicity. This represents a shift, from the faculties of the individual and from its subjectivity, to the structures of the lived experiences and the dynamics that govern the time. The reference point of interpretation becomes the historical collective dimension to which the individual belongs and from which it moves. The hermeneutics of actuality is not an interpretation, at least in the sense that we normally give to this term. And it is not, because the interpreter, for hermeneutics, is not the individual person but the historical collective world-environment.




Eterotopia del potere costituente e gli ambigui destini della modernità secolare. Riflessioni fenomenologico-giuridiche

Ferdinando G. Menga


Abstract

Il carattere problematico del potere costituente risulta strettamente connesso con i complessi destini della Modernità quale età secolare. Il presente contributo si prefigge l’obiettivo d’indagare fenomenologicamente sui principali fattori che determinano tale complesso scenario. Si cercherà di mostrare, al riguardo, come la condizione paradossale che concerne il potere costituente debba essere intesa, anzitutto, nei termini di un fenomeno a due facce. Da un lato, c’è da registrare un aspetto aporetico, che deriva dal carattere contingente e plurale stesso dello spazio istituente, che inerisce al paradigma politico moderno e, con ciò, alimenta il dispositivo del potere costituente. Dall’altro lato, è necessario cogliere anche un’ambiguità di fondo di carattere interpretativo, la quale, avendo costantemente incrementato la portata di tale paradosso, non ha mai consentito una sua elucidazione lineare.

Di qui il compito della seconda parte di questo contributo, che si prefigge di disambiguare tale situazione aporetica mediante una peculiare comprensione topografica del potere costituente. Ricorrendo a concetti quali rappresentanza e responsività, si cercherà di suggerire, in effetti, la necessità di una riconfigurazione e dislocazione eterotopica dei classici topoi del discorso politico-giuridico moderno. Un tale percorso verrà compiuto soprattutto attraverso un utilizzo incrociato della prospettiva fenomenologica di Bernhard Waldenfels e fenomenologico-giuridica di Hans Lindahl.


The problematic character of constituent power is strictly connected with the complex destinies of Modernity as a secular age. This essay seeks to phenomenologically investigate the main factors that determine such a complex scenario. It will be shown that the paradoxical condition regarding constituent power can be understood as a two-faceted phenomenon: on the one hand, there is an aporetic aspect genuinely deriving from the very contingent and plural character of the instituting space, which is part and parcel of the structural configuration of the modern political paradigm; on the other hand, there is an ambiguity deriving from a peculiar interpretive ambivalence which has constantly enhanced such a paradox, thereby preventing its linear elucidation.

The disambiguation of such an aporetic situation will be located in a peculiar topographic understanding of constituent power which, by making use of concepts such as answer and representation, intimates a necessary reconfiguration and heterotopian dislocation of classical topoi of the modern politico-legal discourse. In particular, this endevour will be accomplished by drawing both on the phenomenological and legal-phenomenological theories of Bernhard Waldenfels and Hans Lindahl.




Diritto liminare e ragionamento giudiziale

Donatello Puliatti

Abstract

Da tempo la letteratura scientifica si occupa del “diritto liminare”, ovvero - stipulativamente - di quella classe di «norme che, pur non essendo pienamente giuridiche, producono effetti giuridici pratici». Tale classe comprende non solo il c.d. soft law (per il quale è stata elaborata proprio una definizione simile), ma anche alcuni fenomeni normativi tipici della dimensione spontanea dei rapporti socio-culturali.

Muovendo dall’assunto fondamentale per cui «ritenere che una norma possa dispiegare effetti giuridici pratici equivale a ritenere che possa figurare quale premessa normativa in un ragionamento giuridico», il saggio tenta di spiegare proprio come è possibile che norme liminari producano effetti giuridici pratici.

Dopo aver esplicitato altri assunti metateorici e metametodologici, si procede chiarendo che la questione può essere impostata diversamente a seconda che, in tema di fonti, si aderisca al paradigma chiuso-piramidale o al paradigma aperto-reticolare; elaborando categorie e coordinate utili per offrire una tassonomia dei fenomeni di diritto liminare. Vengono infine costruiti dei modelli logico-giuridici, distinguendosi: tra profili descrittivi e prescrittivi; tra modelli aderenti al paradigma chiuso-piramidale e modelli aderenti al paradigma aperto-reticolare.


For some time now scientific literature has been studying the “diritto liminare” (we can translate this locution in Italian into something like “borderline law”), that I define as the set of all the «norms that have practical legal effects even if they are not fully legal». This set includes not only soft law (traditionally defined in a similar way), but also some normative phenomena that belong to the spontaneous dimension of socio-cultural relationships. I assume that conceiving that a norm could have practical legal effects is the same as thinking that it could stay as a normative premise in a judicial reasoning. So, in this essay I try to explain how a “norma liminare” has practical legal effects. After having expressed other meta-theoretical and meta-methodological assumptions, I clarify that the problem could be studied in different ways depending on whether we follow, the so called net paradigm or pyramid paradigm, about the legal sources; I elaborate categories and coordinates that are useful to build a taxonomy of the phenomena of the “diritto liminare”. Eventually, I propose some logical and legal models, distinguishing: between descriptive and prescriptive respects and between models following the net paradigm or the pyramid paradigm.