Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto


1-2018



Indice


studi

Jean-FranÇois KervÉgan, Presentazione di Che fare di Carl Schmitt?

Carlo Galli, A proposito di Che fare di Carl Schmitt? di Jean-François Kervégan

Virginio Marzocchi, Pensare con Schmitt contro Schmitt od oltre Schmitt?

Antonio Punzi, L’insostenibile pluralità della giurisprudenza. Il giovane Schmitt e la certezza del diritto

Francesco Mancuso, Violenza, politica, diritto. A partire da Che fare di Carl Schmitt? di Jean-François Kervégan

Geminello Preterossi, Perché Schmitt ci serve, contro gli inganni neoliberali

Valentina Antoniol, Al crepuscolo della statualità: Carl Schmitt e lo spettro di Benito Cereno

Filiberto E. Brozzetti, Plettenberg-Parigi andata e ritorno: recezioni volontarie ed involontarie di Schmitt in Francia

Elisabetta Fiocchi Malaspina, «Mondi a confronto»: a proposito di Carl Schmitt, di Jean-François Kervégan e della storia del diritto internazionale

Ernesto C. Sferrazza Papa, Metafisica elementare. Brevi note su Carl Schmitt a partire da un saggio di Jean-François Kervégan.



Note

Vanda Fiorillo, Secolarizzazione e natura dell’uomo nel pensiero giusnaturalistico e teologico di Samuel Pufendorf

Piero Marra, Universalità e federalismo penale. Riflessioni su Universality of Punishment, a cura di Antonio Incampo, Wojciech Żełaniec

Gianluca Sardi, Disputable Aspects on Lockean and Rawlsian Public Reason

Francesco D’Urso, Astratto o concreto, particolare o universale? Il percorso filosofico di Felice Battaglia dall’ipostasi economica alla medietas giuridica.

Paolo Savarese, Il soggetto e la conoscenza dell’Universo: alcune aporie nascoste

Ana Llano Torres, La relación Iglesia-Estado en los orígenes del sistema educativo español e italiano: una perspectiva histórica

Angelo Pio Buffo, Il dovere come katéchon nell’età dei diritti. Forza che frena e potenza pacificatrice



SCHEDARIO

Leonardo Di Carlo, Teoria istituzionale e ragionamento giuridico, Giappichelli, Torino 2017, pp. 352 (Francesco Biondo) – Giovanni Turco, Razionalità e responsabilità. Il pensiero giuridico-politico di Cornelio Fabro, Studium, Roma 2016, pp. 258 (Paolo Savarese) – Aldo Rocco Vitale, L’eutanasia come problema biogiuridico, Franco Angeli, Milano 2017, pp. 212 (Ferdinando Raffaele)




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Presentazione di Che fare di Carl Schmitt?

Jean-FranÇois KervÉgan


(traduzione di Francesco Mancuso)
Abstract

In questo scritto l’Autore illustra le ragioni del suo incontro filosofico con Carl Schmitt, avvenuto successivamente allo studio di Hegel, ragioni da rintracciarsi nella lettura deformante che il decisionismo schmittiano aveva offerto dell’hegelismo. A distanza di venti anni dal primo lavoro su Schmitt, l’Autore rende conto del suo ritorno alle dense riflessioni del giurista di Plettenberg, nella convinzione che solo a partire da Schmitt – cioè da posizioni teoriche fissate grazie a lui – è possibile partire, andare oltre, Schmitt, «superarlo e conservarlo» in modo produttivo.


In this essay the Author elucidates the reasons behind his interest in Carl Schmitt, raised after his Hegelian works, in the first place due to Schmitt’s original account of Hegel. Twenty years later, the Author gives reasons for his renewed interest in Schmitt, believing that only by starting from his theoretical stances it will be possible to go beyond Schmitt, yet overcoming and preserving him in the most productive way.




A proposito di Che fare di Carl Schmitt? di Jean-François Kervégan

Carlo Galli


Abstract

Galli esprime apprezzamento per il tentativo condotto da Kervégan di presentare Schmitt come pensatore radicale, come pensatore cioè in grado di impostare le questioni politico-filosofiche fondamentali in termini di “aut-aut”. Schmitt rende palese il nichilismo sotteso al momento fondazionale della politica. Tuttavia, il nulla su cui si fonda la politica è pur sempre un nulla da cui ha origine l’ordine, dal momento che l’ordine che scaturisce dalla rivoluzione è l’esito del decisionismo schmittiano, ovvero ciò che consente di sciogliere il dilemma legalità/legittimità. Carl Schmitt non è dunque né trascurabile né riducibile, e Galli riconosce a Kervégan il merito di essersi confrontato con la complessità e la disturbante intrusività del filosofo tedesco. Questo saggio prova a rispondere alla domanda di Kervégan: se cioè sia possibile leggere superficialmente Schmitt al solo fine di utilizzare le sue affermazioni come slogan; se, come seconda opzione, il pensiero politico di Schmitt vada conosciuto con realismo, tuttavia continuando a considerare le questioni da lui sollevate come questioni-limite, ancora valide; oppure, ancora, se non sia il caso di ritenere, nell’attuale contesto storico, superate le categorie schmittiane, e sforzarsi così di elaborarne di nuove.


Galli appreciates Kervégan effort in presenting Schmitt as a true “hard thinker” who handles the fundamental political issues in terms of “aut-aut” questions. Schmitt exposed the nihilism of the foundation of politics. An ordering nihilism though, since order through the revolution is the ultimate purpose of Schmittian decisionism, the very core of the solution between the legality/legitimacy dilemma. Carl Schmitt is neither neglectable, nor reducible and Galli recognizes how Kervégan confronted himself with the complexity and the disturbing intrusiveness of the Geman author. The essay ends trying to answer to Kervégan’s question: one could superficially read Schmitt only to reuse his very incisive slogans, or realistically understand Schmitt’s political thought, looking through his fierce historical stances, or even think that the philosopher from Plettenberg belongs to another era and that the Post-Modern age needs new canons and categories to be actually tamed.




Pensare con Schmitt contro Schmitt od oltre Schmitt?

Virginio Marzocchi


Abstract

L’Autore riarticola il metodo proposto da Kervegan del «pensare con Schmitt contro Schmitt» in quello – proveniente da una suggestione di Apel – che consiste nel «pensare con Schmitt oltre Schmitt». Questo diverso approccio consente di preservare e recuperare gli obiettivi critici di Schmitt – ovvero i regimi liberal-democratici e le loro Costituzioni – usando il suo stesso arsenale teorico-concettuale. Marzocchi offre, dunque, una interpretazione originale della Verfassungslehre schmittiana, utilizzando con intento costruttivo, non già distruttivo, le idee ivi presenti.


The author tries to redirect Kervégan’s method of «thinking with Schmitt against Schmitt» into «thinking with Schmitt beyond Schmitt» as Apel would have done. This different approach could help in preserving and restoring the targets of Schmitt’s critics – i.e. liberal democratic regimes and their Constitutions – by using his own conceptual arsenal. Marzocchi offers, for instance, an original reinterpretation of Schmitt’s Verfassungslehre employing the ideas presented there with constructive purposes instead of disruptive ones.




L’insostenibile pluralità della giurisprudenza.

Il giovane Schmitt e la certezza del diritto

Antonio Punzi


Abstract

Questo saggio offre una lettura sistematica di Gesetz und Urteil, in cui il giovane Schmitt affronta il tema della decisione giudiziale, esprimendo posizioni tanto lontane dal formalismo interpretativo, quanto dalla Freirechtsschule. Tuttavia, se a prima vista le tesi di Schmitt potrebbero apparire un previdente superamento di tale dialettica – attraverso la valorizzazione del precedente e della motivazione – a emergere è già una sfiducia nella razionalità della decisione, la cui unica forza consiste nella sua capacità di imporsi ed instaurare l’ordine. In questo senso si comprende lo slittamento del pensiero di Schmitt dalla filosofia del giudizio alla filosofia del potere. La dimensione dialogica della decisione giudiziale, necessario prodotto di un’impresa collettiva e cooperativa che richiede l’uso del ragionamento pratico, non poteva che essere disconosciuta da Schmitt, il quale, invece, era alla ricerca di una decisione che istituisse un ordine stabile, espressivo dell’unità organica di una comunità già coesa al proprio interno.


This essay presents a comprehensive reading of Gesetz und Urteil, in which the young Schmitt deals with the topic of judicial decision making, criticizing both formalism and Freirechtsschule. Nonetheless, if at a first sight Schmitt’s thesis might appear over this dispute – by the highlighting of the case method and the motivation – it already emerges a complete distrust in the rationality of the decision, whose only strength is its capacity of standing out and setting the order. We thus do understand the shifting in Schmitt’s thinking from the philosophy of the judgement to the philosophy of the power. The dialogical dimension of the judicial decision, coming from a practical reasoning-oriented, cooperative and collective endeavor, could not be appreciated by Schmitt, who was looking for an order-setting decision, a stable order mirroring the cohesive community.




Violenza, politica, diritto. A partire da Che fare di Carl Schmitt? di Jean-François Kervégan

Francesco Mancuso


Abstract

In questo scritto l’Autore si concentra sul problema della fondazione dell’ordinamento in Carl Schmitt, ovvero su ciò che istituisce la normatività, nell’intento di verificare se i nodi problematici presenti nella sua teoria si ripresentino in alcune analisi contemporanee. A partire dalla tematizzazione della decisione sovrana come introiezione dell’anomico all’interno della normatività, il contributo esamina in che misura la teorizzazione schmittiana del “politico”, oltre ad essere una giusta verifica dell’impossibilità di una Isolierung del diritto dalla politica, possa reggere alla congiunta raccomandazione, da sempre sostenuta da Schmitt, di una completa Isolierung della politica e del diritto dai valori. In questo senso, l’esito auto-annichilente di una politica che può fare a meno del diritto (contra le premesse hobbesiane da cui lo stesso Schmitt era partito) serve a mettere in guardia, per l’Autore, dalla vulgata di un certo antigiuridismo contemporaneo.


In this essay the Author focuses on the issue of Carl Schmitt’s foundation of legal system, i.e. on the rationale of normativity, in order to ascertain the persistence of the Schmittian fundamental stances in contemporary analysis. Starting from the sovereign decision intended as the introjection of anomy inside normativity, the writing evaluates Schmitt’s concept of the Political, which entails the Isolierung of law from politics of course, but it also puts at stake the double Isolierung of politics and law from values. Thus, the self-annihilating outcome of a not law-dependent politics (against the Hobbesian premises Schmitt himself had accepted) constitutes a strong warning, according to the Author, against a certain contemporary anti-juridicism.




Perché Schmitt ci serve, contro gli inganni neoliberali

Geminello Preterossi


Abstract

In questo scritto l’Autore individua alcuni momenti della riflessione di Carl Schmitt utili a leggere la nostra contemporaneità: tra tutti il fatto che Schmitt abbia riconosciuto la costitutiva politicità del diritto e presentito le conseguenze del suo sradicamento. Dimenticando l’agonismo della lotta politica, per l’Autore, ci si consegna a forme di dominio e di ostilità “totalizzanti”, che tali rimangono anche quando si presentano con un volto fintamente mite – quello dell’empowerment e della governance –, mirando a produrre docili soggettivazioni neoliberali. Per evitare tali esiti, e rispondere alla sfida del residuo ineliminabile della violenza, occorre riconoscere l’impossibilità di fuoriuscire integralmente dalla logica (teologico-politica) della rappresentazione, accogliendo, dunque, le categorie schmittiane come ipotesi di lettura, e al tempo stesso come monito (come nel caso del potere costituente, di cui da molti si vagheggia una riattivazione, per sua natura sempre destitutivo e produttivo).


In this writing the Author enucleates some of the pivotal moments in Carl Schmitt’s thinking, useful to understand our contemporary world: e.g. the acknowledgment of the political dimension of law, and the foreseeing of its obliteration. By forgetting the agonism of the political fight, according to the Author, we take the risk of running into overpowering forms of dominion and hostility, even as presented with the kind façade of “empowerment” and “governance”, aiming at producing docile neo-liberal subjectivities. In order to avoid these endings, and to face the challenge of the unavoidable rests of violence, we need to acknowledge the impossibility of a complete escape by the representational (theological-political) logic, accepting the Schmittian categories as conceptual tools as well as warnings (as in the case of the constituent power, invoked by many, always destitutive and productive).




Al crepuscolo della statualità:

Carl Schmitt e lo spettro di Benito Cereno

Valentina Antoniol


Abstract

In questo scritto l’Autrice si concentra sul rapporto problematico tra statualità e politico nell’opera di Schmitt. Anche se Schmitt riconosce la natura non reciproca di questa relazione – lo Stato comprende e governa il politico, ma il politico non si esaurisce nello Stato – lo Stato gioca ugualmente un ruolo di assoluto rilievo nella definizione del politico, nella misura in cui è il soggetto che può scriminare al suo interno tra amici e nemici, e al quale è ascrivibile in ultima istanza il jus belli. Tuttavia, il riconoscimento della crisi del jus publicum europaeum non comporta la prefigurazione di un percorso alternativo: Schmitt è dall’Autrice indicato non come l’iniziatore di una nuova era, bensì come il Benito Cereno di Melville, consapevole di essere l’ultimo testimone di un’epoca passata e di riconoscere la fine della propria epoca. Per queste ragioni Carl Schmitt merita di essere tuttora interrogato in un’epoca come la attuale di incerta transizione.


The Author focuses on the centrality on the reflections on the State within Schmittian work. In particular, the problematic relationship between Political and State is investigated. Although the non-mutual nature of this connection is acknowledged – the State encompasses the Political, but the Political is not entirely embedded in the State –, the (modern) State plays in Schmitt a pivotal role in the definition of the Political, as the subject who is entitled to set the difference between friend and foe, and – in the end – to run the war (jus belli). Even the recongnition of the crisis of the jus publicum europaeum does not entail the prefiguration of a real alternative path: Schmitt is not presented by the Author as the starter of a new era, but as the one who recognizes the “specter” of the Melvillian Benito Cereno, that is to say the end of an era and the fact of being its last herald. For these reasons, Carl Schmitt deserves to be still questioned in our transitional uncertain time.




Plettenberg-Parigi andata e ritorno:

recezioni volontarie ed involontarie di Schmitt in Francia

Filiberto E. Brozzetti


Abstract

Il saggio prende in esame la letteratura francese su Schmitt, rilevando l’esistenza di un pregiudizio inveterato, quando non un radicale rifiuto, rispetto al suo pensiero, dovuto alla sua controversa adesione al regime nazista. Alcuni intellettuali di sinistra hanno espresso un rifiuto a priori delle concettualizzazioni schmittiane, senza considerare il fatto che molte di quelle sono costruite proprio sulla storia giuridica e politica francese, vera e propria officina in cui presero forma i concetti di legalità e legittimità. Del resto, la stessa Quinta Repubblica si basa su di una Costituzione che riflette il decisionismo e la rappresentazione della sovranità per come pensati da Schmitt. Tali posizioni preconcette, che risentono di talune impostazioni ideologiche, impediscono così di utilizzare Schmitt per la comprensione della stessa realtà politica francese.


The essay surveys French literature on Schmitt, revealing an inveterate prejudice as far afield as radical refusal of his thought, due to his disputable and limited adhesion to the Nazi regime. The intellectuals of the Gauche reject a priori Schmittian conceptualizations without realize that many of them are built over French legal and political history, an actual workshop that Schmitt frequented to reach his very concepts of legality and legitimacy. Even the French Fifth Republic is founded over a Constitution reflecting Schmitt’s representation of political decisionism and sovereignty. The preconceived positions of certain ideological tendencies risk precluding the chance to use Schmitt to understand French reality itself.




«Mondi a confronto»:

a proposito di Carl Schmitt, di Jean-François Kervégan e della storia del diritto internazionale

Elisabetta Fiocchi Malaspina


Abstract

L’Autrice concentra l’attenzione sul settimo capitolo del libro di Kervégan (Che fare di Carl Schmitt?), in cui viene affrontato il tema dello spazio geografico e del diritto internazionale in Schmitt. Nella dualità internazionale che connotava il XX secolo Schmitt riconosce il preludio dell’attuale pluralità, in opposizione al paradigma spaziale unitario e omogeneo. Il saggio evidenzia come Kervégan individui in Schmitt il pensatore che meglio ha saputo interpretare il superamento della settecentesca teoria dell’equilibrio di potere nelle relazioni internazionali, a vantaggio di una più realistica versione di equilibrio politico, in cui pace e sicurezza non dovrebbero mai risultare scontati.


The author focuses on the seventh chapter of Kervégan’s book, which puts under scrutiny Schmitt’s reflection about geographical space and international law. In the international dualism connoting 20th century world, Schmitt recognized the prelude of contemporary pluralism, as opposite to his unitary and homogeneous spatial paradigm. The essay sheds light on how Kervégan points at Schmitt as the thinker who overtook the 18th century theory of balance of power in international relations for a more realistic version of political balance in which peace and security shall never be presumed.




Metafisica elementare.

Brevi note su Carl Schmitt a partire da un saggio di Jean-François Kervégan.

Ernesto C. Sferrazza Papa


Abstract

L’Autore propone, a partire dal volume di Kervégan, una lettura del pensiero di Carl Schmitt che ne valorizzi la dimensione metafisica, presente soprattutto nella nozione di elemento. Le grandi immagini che il filosofo tedesco riesce a mobilitare sarebbero, infatti, indicative di una concezione della storia come conflitto tra elementi fondamentali – come si evince in “Terra e mare” – e che trova coerente epilogo nelle possibilità che, a partire dal Nomos, si aprono in vista di una nuova configurazione elementare del mondo.


Starting from Kervégan’s work, the author deals with the right approach to the study of Carl Schmitt. He opts for deriving all Schmitt’s legal and political ideas from his metaphysical understanding. The grand images the German philosopher is able to create reveal his conception of world history as a tale of conflicts among basic elements (as in Land and See) which finds its coherent epilogue in the new elementary configuration opened by the Nomos




Secolarizzazione e natura dell’uomo nel pensiero giusnaturalistico e teologico di Samuel Pufendorf

Vanda Fiorillo


Abstract

Sulla scorta delle opere giusnaturalistiche e di quella teologica di Samuel Pufendorf, in questo lavoro si intende ricostruire le trasformazioni della natura dell’uomo, ed in particolare delle sue due nobiliores facultates della ragione e della volontà, dallo stato di innocenza a quello della corruptio terrena, fino a giungere ad una mai pienamente conseguibile regeneratio, dopo l’avvento di Cristo. A tale scopo, si è delineata una sorta di historia salutis.


Basing on the natural law works and the theological one by Samuel Pufendorf, this essay reconstructs the transformations of the nature of man, and in particular of his two noblest faculties of the reason and the will, from the state of innocence to that of the earthly corruption, leading to a never completely attainable regeneration, after the Advent of Christ. For this aim, the Author delineates a kind of history of salvation.




Universalità e federalismo penale.

Riflessioni su Universality of Punishment, a cura di Antonio Incampo, Wojciech Żełaniec

Piero Marra


Abstract

Il diritto è ormai sovranazionale nel suo intento e significato, ma non nella sua attuazione. I diritti sono universali; i sistemi penali, invece, no. Il presente contributo intende riflettere sul significato della pena a partire dal volume Universality of Punishment, a cura di Antonio Incampo e Wojciech Żełaniec. Incoerenze politiche, normative e concettuali sono comunque in grado di dispiegare il senso universale delle pena quando è costruita intorno al bene intangibile della persona.


Law is supranational in its intent and significance, but not in its enforcement. The rights are universal; the methods of punishment are not. The essay reflects upon the deeper meaning of punishment starting from the volume Universality of Punishment, edited by Antonio Incampo and Wojciech Żełaniec. Political, normative and conceptual incoherence are still able to explain the universal significance of punishment when it is built around the absolute value of humanity.




Disputable Aspects on Lockean and Rawlsian Public Reason

Gianluca Sardi


Abstract

Il presente lavoro mira ad analizzare tanto il rilievo della public reason all’interno della speculazione lockeana, quanto l’impatto delle teorizzazioni Cristiane del pensatore di Wrington sulla posizione di John Rawls. All’inizio, Locke separa la dimensione politica, al cui interno il potere del magistrato civile preclude i giudizi personali, dal campo spirituale, in cui l’individuo opera legittimamente in base al proprio giudizio interiore. Dall’altro lato, il concetto di public reason propugnato da Rawls diventa il fondamento morale del legame di cittadinanza e il postulato essenziale di democrazia e giustizia. Essendo suscettibile di varie interpretazioni, la dottrina della ragione pubblica ha una natura argomentativa, che rimane sempre aperta a continue critiche e revisioni.


This paper analyzes both the relevance of reason within John Locke’s speculation as well as the impact of the Wringtonian philosopher’s Christian theorizations on John Rawls’s position. At first, Locke divides the political dimension – where the power of the civil magistrate precludes personal judgements – from the spiritual field – in which every single individual legitimately operates on the basis of his personal judgement, which cannot be put at risk. On the other hand, the concept of public reason theorized by Rawls becomes the moral basis of the citizenship bond and the essential postulate of democracy and justice. Since it is susceptible to various interpretations, the doctrine of public reason has an argumentative nature, which always remains open to continuous criticism and revision.




Astratto o concreto, particolare o universale? Il percorso filosofico di Felice Battaglia dall’ipostasi economica alla medietas giuridica

Francesco D’Urso


Abstract

La filosofia del diritto di Felice Battaglia è caratterizzata da un’iniziale adesione all’idealismo e da un successivo allontanamento da esso che lo conduce verso un’originale forma di spiritualismo. Un tema fondamentale nell’ambito di questo passaggio dottrinario è costituito, senza dubbio, dalla dimensione della giuridicità e del suo ruolo di mediazione tra il momento economico e il momento etico nell’esperienza della vita pratica. Partendo, infatti, dalla dialettica tra “astratto” e “concreto”, che viene calata dal filosofo nel duplice binario della vita relazionale e della vita spirituale, è possibile cogliere un graduale recupero della centralità del diritto, che gli consente di superare tanto il pericolo della riduzione crociana – e, dunque, un suo pieno assorbimento nell’economia – quanto la posizione dell’attualismo gentiliano – e, dunque, una sua sterile subordinazione all’etica.


The work of Felice Battaglia is characterized by an initial adhesion to idealism and a subsequent distancing from it that leads him to an original form of spiritualism. A fundamental theme in this doctrinal passage is undoubtedly represented by the dimension of law and its role of mediation between economics and ethics in practical philosophy. Therefore, starting from the dialectic between “abstract” and “concrete”, which is put in the dual track of relationality and spirituality, it is possible to get a gradual recovery of the centrality of law: so he can overcome the danger of full identification with the economics, according to the doctrine of Benedetto Croce, and, on the other hand, the risk of a empty subordination to ethics, according to the thought of Giovanni Gentile.




Il soggetto e la conoscenza dell’Universo: alcune aporie nascoste

Paolo Savarese


Abstract

Questo breve saggio illustra le principali tesi esposte in Metafisica del soggetto II di Paolo Pasqualucci, opera nella quale l’autore indaga la possibilità di stabilire l’oggettivo significato dello spazio e del tempo, quale passaggio atto al ripensamento dei principi dell’autentica metafisica del soggetto, di noi stessi in quanto esseri razionali provvisti di pensiero e volontà, considerati dal punto di vista della “filosofia prima”. Il vasto e teoreticamente impegnativo testo di Pasqualucci ruota intorno alla nozione di spazio\tempo nella sua elaborazione einsteiniana; egli getta dunque luce sulle premesse filosofiche – particolarmente sulla diretta dipenda spinoziana – e ne sottopone a verifica il rigore epistemologico dell’apparato argomentativo. Si tratta di una sofisticata riduzione all’elenchos di alcune tesi centrali della fisica contemporanea e – soprattutto – di talune “narrazioni” che nel suo “sottosuolo” si sono affermate e addensate, sino a costituire una pervasiva matrice culturale. La metafisica di Metafisica del soggetto II non lancia solamente una sfida teoretica alle linee prevalenti della fisica contemporanea, ma ci induce ad assumere nuovamente la gran questione dell’ordine: non solo cosmico, ma anche culturale e giurico-politico.


This short essay illustrates the thesis of Metafisica del soggetto II by Paolo Pasqualucci, in which the author investigates the possibility of establishing the objective meaning of space and time as a step to rethink the first principles of the authentic metaphysics of the subject, of our self as a rational entity, endowed with thought and will, considered from the point of view of “first philosophy”. Pasqualucci’s broad and demanding theoretical text revolves around the notion of time space, especially as it was elaborated by Einstein, he draws light on the philosophical premises, especially drawing light on the close dependence on Spinoza, and evaluates the epistemological rigor of the argumentative and demonstrative apparatus. It is a sophisticated reduction by elenchos of some key positions in contemporary physics and – even more – so in the narratives that have condensed and affirmed downstream of them, to become a widespread culture matrix. Metafisica del soggetto II’s metaphysics not only launches a theoretical challenge to some majoritarian lines of contemporary physics, but also compels us to take up again and again the great problem of order: not only cosmic but also cultural and juridical-political.




La relación Iglesia-Estado en los orígenes del sistema educativo español e italiano: una perspectiva histórica

Ana Llano Torres


Abstract

In Italia e in Spagna, paesi in cui il cattolicesimo ha avuto grande rilievo, la battaglia per la scuola pubblica si è identificata con la lotta tra Chiesa e Stato, entrambi in cerca di egemonia. Ad ogni modo, il problema del finanziamento della scuola ha ricevuto risposte diversificate nei due paesi. Studiare le origini del monopolio statale dell’educazione e la sua successiva evoluzione in Italia e Spagna è decisivo per comprendere tali risposte, e al contempo è utile a rilevare l’inopportunità di un tale monopolio e l’esigenza di ripensare la relazione pubblico-privato alla luce dei nuovi tratti e delle sfide del presente.


In countries where Catholicism has influenced a lot, such as Italy and Spain, the public school struggle has often turned into the battle between Church and State, both eager for supremacy. However, the school funding issue has received very different responses in those countries. Studying the origin of the public education system’s monopoly and its subsequent evolution is decisive to understand those responses, as well as to realize that monopoly doesn’t make sense anymore and our contemporary world requires a reconsideration of the public-private relationship according to the present new features and challenges.




Il dovere come katéchon nell’età dei diritti.

Forza che frena e potenza pacificatrice

Angelo Pio Buffo


Abstract

Il contributo analizza la funzione del dovere nell’età dei diritti, alla luce del katéchon, categoria enigmatica e controversa della teologia politica. Attraverso questa chiave di lettura, il dovere viene esaminato in una triplice direzione: come argine allo svuotamento per estensione dei diritti fondamentali, come limite alle spinte centrifughe dell’individualismo, e come garante, sul versante dei costi, della sostenibilità delle tutele. L’esame di queste dimensioni, fortemente interconnesse, è preceduta da un cenno al contesto sociale e antropologico che fa da sfondo alla crisi del dovere.


This paper analyses duty in the light of the katéchon, an enigmatic and controversial category of political theology. Conceived as katéchon, duty can fulfill a function of pacification in the Age of Rights. On the basis of this interpretation, this article explores duty from three perspectives: as a barrier against the emptying of the significance of fundamental rights; as a limit to the centrifugal forces of individualism; and as the guarantor of economic sustainability of rights. The analysis of these dimensions, which are highly interconnected, is preceded by an outline of the social and anthropological context, which is the background to the crisis of duty.